Dal punto di vista dell’Ordine dei Medici di Roma il nuovo Codice Deontologico che è stato approvato il 18 maggio 2014 a Torino - opportunamente emendato dall’ossessione di evitare le parole paziente, malato e coscienza - rappresenta certamente un valido aggiornamento dell’apprezzato Codice precedente del 2006. Peraltro, questo Codice, grazie anche all’intenso lavoro durato due anni, è stato promulgato con assoluto metodo democratico dopo un percorso di apertura al confronto che non ha eguali nel passato.
In particolare l’Ordine di Roma sottolinea che, per la prima volta in un Codice Deontologico, vi è scritto che la diagnosi ai fini di prevenzione, terapia e riabilitazione, è di esclusiva e non delegabile competenza del medico e dell’odontoiatra. Tale asserzione esplicita è oggi divenuta necessaria, oltreché invocata da tutto il mondo medico, in quanto nella Sanità del nostro Paese aleggiano idee ed iniziative che sembrano voler mettere in dubbio la specificità e la peculiarità delle competenze della professione medica. Competenze che in tutto il mondo civile nessuno mette in discussione. Di questa esigenza l’Ordine di Roma se ne è fatto carico e si è battuto nelle sedi competenti.
Inoltre, pur col dovuto rispetto alla legittima opinione di coloro che hanno espresso alcune critiche mosse alla nuova stesura, vale la pena di precisare che il Codice non impone al medico l’obbligo di assicurarsi ma è vero, invece, che rimanda tale competenza alla legge, come è giusto e inevitabile che sia (v. art. 54 “in armonia con le previsioni normative ….”). Anche l’interpretazione secondo cui il Nuovo Codice imporrebbe al medico una sorta di sottomissione assoluta agli assetti organizzativi delle aziende sanitarie non trova riscontro nella formulazione degli artt. 3, 13 e 79. Infatti, l’art. 3, ancorché scritto in modo contorto (frutto di una mediazione sofferta), non solo non afferma tale assunto ma, al contrario, definisce le specifiche competenze del medico e l’art. 13 ne esprime anche le funzioni, mentre l’art. 79 indica al medico a quali inequivocabili principi egli debba attenersi nell’ambito della sua partecipazione alla definizione degli assetti organizzativi in cui opera.
Si precisa che tale risultato positivo non era semplice da conseguire: per la complessità e la delicatezza della materia, per le mutazioni in corso nella Sanità, per il contesto sociale in cui si è agito. Come pure non sono mancati tentativi di condizionamenti esterni al mondo medico ma che sono stati adeguatamente neutralizzati.
Pertanto, nel prendere atto che il Codice Deontologico è stato validamente aggiornato e anche parzialmente integrato rispetto al buon codice del 2006, l’Ordine di Roma può affermare, con legittima soddisfazione, di aver dato un importante contributo - con impegno e passione - per questo risultato e per salvaguardare l’indipendenza e l’autonomia del medico.